- HOME
- A & D
- ARTE
- CULTURA
- MODA
- GOURMET
- MUSICA
- PHOTOGALLERY
- POLITICA
- SCIENZA
- SPORT
- VIAGGI
- BENESSERE
- AGENDA
REPORT - Italy, Arte
Sandro Luporini, mestieri e passioni
Dalla Metacosa al sodalizio con Gaber
Ecco… il Realismo esistenziale… Il Realismo esistenziale (denominazione data da Marco Valsecchi nel 1956 a causa del clima sociopolitico), sorto e sviluppatosi a Milano tra la metà degli anni Cinquanta e la fine degli anni Sessanta, non è stato un vero e proprio movimento pittorico ma un “clima” comune, un incontro di sensibilità che si sono trovate attente a recepire spunti e fermenti diversi: riflessioni su Camus e Sartre per esempio, o sui primi film di Fellini e Antonioni, sul Nouveau Roman francese, sulla crisi dell’impegno politico nel 1956 dopo l’invasione dell’Ungheria (Realismo socialista)… un clima che prendeva atto dei limiti del realismo "ideologico" in pittura e riportava l’attenzione sull’uomo, sul suo racconto quotidiano, sulle sue emozioni e sentimenti di fronte al peso crescente di squilibri dovuti ai sistemi sociali dominanti, alle nuove mode e ai compromessi culturali.
Dalle “occupazioni delle terre” e le lotte nel mondo, dalle vaste metafore e dai grandi temi populisti (tematiche del Realismo dell'immediato dopoguerra) si passa al “ … banco della macelleria sotto casa, alla dolente incombenza di una luce cruda, di un gancio appuntito, di cose e personaggi trafitti dalla solitudine e dall’ansia…”. Sono immagini in tensione, assorte di fronte alla pressione del vero e impegnate a dare segni e spessori alle reazioni individuali, ai sentimenti e alle emozioni del privato. Questi artisti, avendo trascorso l’infanzia durante la guerra, con le loro opere povere di colore, cariche di dolore e di stupore e con le loro figure, i loro oggetti simboli di forte evidenza e impatto, sono stati accolti dal favorevole momento storico che è stato in grado di recepirne la ricchezza umana e culturale.
Tante furono infatti le gallerie d’arte che accolsero le loro opere: fin dal 1956 la Bergamini, all’epoca la più importante tra le gallerie d’arte milanesi, inserì tra i suoi pittori Sandro Luporini e Gianfranco Ferroni; nel 1963 Sandro Luporini, insieme a Vespignani, Ferroni, Aillaud, Guerreschi, Perez, Mac Garrel e Sughi, ebbe il privilegio di entrare a far parte del gruppo esclusivo di artisti della Galleria Fante di Spade a Roma; dal 1983 lo stesso Luporini si è legato all’Adac (Associazione Diffusione Arte Cultura) di Modena e con essa ha fatto mostre in tutta Italia.
… Altro momento “storico”, seppur breve, dal punto di vista pittorico, è la partecipazione di Sandro Luporini, assieme a Giuseppe Bartolini, Giuseppe Biagi, Gianfranco Ferroni, Bernardino Luino, Lino Mannocci e Giorgio Tonelli al movimento artistico la Metacosa, la cui prima mostra si tenne a Brescia nel 1979, e a seguire a Milano, Viareggio, Bergamo e Vicenza. La Metacosa ha una matrice figurativa di intensità poetica con una ricerca pittorica precisa e calcolata. Durante la prima mostra a Brescia, il critico Roberto Tassi scrisse: "Ogni pittore di questo gruppo ha la propria luce; la qualità e la sostanza della luce essendo diversa in ognuno di loro; la coincidenza di poetica non comporta coincidenza di stile o di poesia. Il fascino e la verità della mostra sta proprio in questo, nell'unire intorno a una comune idea, e quasi filosofia, della pittura, artisti molto diversi tra loro”.
La Metacosa non è stato un gruppo inteso come di solito si intende nel campo dell’arte recente: è stato piuttosto un gruppo di pittori che si sono incontrati a Brescia a una mostra, dove la sperimentazione del rapporto fra di loro era talmente priva di retorica che il testo d’introduzione non superava tre righe tipografiche, e per un breve periodo sono rimasti legati “allo stesso mercato”; poi la vita creativa ha deciso di spedirli ognuno sulla propria strada e lasciare come legame fra di loro non una linguistica estetica ma una consuetudine che s’è fatta con gli anni amicizia. Per ognuno di loro il percorso si è evoluto secondo le inclinazioni e i talenti, ma partendo da un momento di riflessione artistica e politica in un paese che usciva dagli anni di piombo e cercava di tornare all’ordine, magari formale.
Gli artisti della Metacosa furono lasciati a un destino leggero non lontano da ciò che una volta si chiamava incomprensione, senza mai scomparire, dipingendo con una attenzione forte al contenuto e considerando la pittura uno dei cimenti del proprio anticonformismo, mentre al di là di loro si andavano generando gruppi veri e propri (la transavanguardia per tutti), oppure, le sperimentazioni precedenti dell’arte povera e concettuale si stavano trasformando in scuole affermate e stabili. Se dagli ultimi anni ’70 i dipinti di Luporini evocano, con linguaggio iperrealistico, uno spazio traguardato dalle “finestre” (lui spesso parla di “sguardare”), nel quale si pongono come punti di riferimento oggetti legati al tema del volo, è dalla metà degli anni ‘80 che nei quadri di Luporini si vedono i grandi spazi delle marine della Versilia, con riferimenti all’iconografia della nautica in una fredda, nitida luce…
… Ma sia Realismo esistenziale, sia Metacosa, l’attività pittorica di Luporini è sempre andata avanti: espone quadri nelle più importanti rassegne nazionali, ottiene riconoscimenti e premi. Nel 2004, il presidente dell’Adac di Modena Adriano Primo Baldi affida a Philippe Daverio, critico e storico dell'arte, antropologo e giornalista – noto al grande pubblico per le raffinate trasmissioni televisive sull'arte –, la cura della mostra Fenomenologia della Metacosa, 7 artisti a Milano nel 1979 e 25 anni dopo, che vedrà esposte presso lo Spazio Oberdan di Milano, per iniziativa della Provincia, le opere di Sandro Luporini e degli altri artisti che esordirono con lui.
Nel 2005 il Comune di Pisa, sempre in collaborazione con l'Adac, gli dedica una mostra personale, allestita al Teatro Verdi. In questa occasione viene pubblicato oltre al catalogo delle opere pittoriche Sandro Luporini - Metafisica del quotidiano con testi di Giuseppe Cordoni, Marilena Pasquali e Eugenio Riccomini, anche il volume Immagini, parole e note nell'opera di Sandro Luporini, una raccolta di materiali e testi sul teatro di Giorgio Gaber e Sandro Luporini, a cura di Micaela Bonavia. Se finora si è parlato del pittore, non si può trascurare l’altro artista Luporini; siamo negli anni Sessanta e all’incontro con quel suo vicino di casa, un certo Giorgio Gaber, un giovane cantautore: nasce presto un'amicizia che sfocia nella collaborazione artistica, scrivendo insieme i testi delle canzoni e degli spettacoli teatrali che interpreterà Gaber.
Lo stesso Luporini ha descritto l’incontro con Gaber come casuale, perché frequentavano lo stesso bar… uno andò a vedere le esibizioni, l’altro le esposizioni e divennero amici… l’uno rimase folgorato dall’energia che aveva l’altro nel cantare… e un giorno come tanti passati a parlare fu buttata lì l’idea di provare a scrivere insieme… e all’inizio fu un gioco, tanto che i primi tentativi rimasero nel cassetto… La prima collaborazione tra i due è una canzone interpretata da Maria Monti nel 1961, Sono le nove, che la cantante presenta nel disco come "scritta da un mio amico pittore, che descrive Milano proprio come la rappresenterebbe un pittore"… peccato che sul retro della copertina del disco c’è scritto erroneamenteLuparini.
E nacque con Gaber il Teatro-canzone. Anche qui è stato detto e scritto molto, perché trent’anni di collaborazione artistica non sono pochi… opere come Libertà Obbligatoria, Io non mi sento italiano o La mia generazione ha perso hanno dato l’input a considerazioni non solo artistiche ma anche politiche, visto che la cultura è sempre stata legata alla politica e la loro creatività è da definire certamente all’apice di quel qualcosa che smosse l’apatia degli anni ‘80 che stava sfociando pian piano nell’effimero. Ma aspetta… ecco qualcosa che forse può sembrare un aspetto nuovo (un altro?) di Luporini: il Sandro atleta, anzi, cestista. Eh sì, perché Sandro Luporini è stato anche un giocatore di pallacanestro: iniziò a giocare in strada, grazie a dei soldati americani che avevano costruito un campetto a Viareggio, e insieme a lui c’era anche suo fratello Francesco. Una famiglia legata a questo sport, visto che anche la sorella Carla aveva giocato prima di loro, quando la pallacanestro era uno sport completamente sconosciuto, tanto che per Luporini era solo uno svago. Fa parte della Vela Viareggio che comincia a vincere scalando la Serie C, poi la B e infine arrivando alla serie A. Sandro cestista giocherà in serie A per quattro anni (un anno con il Viareggio, due anni con la Stella Azzurra di Roma e l’ultimo anno con il Cantù)… una volta ha detto: «Non trovo una gran connessione tra arte e sport se non per il fatto che in entrambi gli specifici è necessaria la tendenza a lavorare molto per dare sempre il meglio di sé»…
… «Tof tof tof. Il paese è in una fase delicata. Tof tof tof, si è in un periodo di transizione, tof. Dlin Dlon. Oggi al parlamento, una mozione, l’avversario si alza, e mette lì la sua, una differenza, leggerissima, e… tatatpata. Dopodiché, tutti al tennis. Tof tof sì, giocano tutti al tennis, e qui mi incazzo»: questo è uno stralcio del monologo Il tennis, scritto da Luporini insieme a Giorgio Gaber. «Con Giorgio non parlavo molto di sport, – ha detto in una intervista Sandro Luporini – però, per rendere piacevoli le nostre pause di lavoro, abbiamo inventato un giochino. Inventato si fa per dire. Si trattava di una specie di calcio-tennis. Praticamente una rete, un pallone da calcio, quattro giocatori (due contro due) che tentano di fare il punto utilizzando solo i piedi e la testa. Io e Giorgio vincevamo sempre, anche perché le regole le avevamo fatte noi».
Mi piace concludere così le mie brevi note su Luporini, perché la solita figura un po’ misogina e introversa dell’artista contrasta con questa, allegra e scanzonata dello sportivo che a diciassette anni giocò contro la Francia nella nazionale juniores italiana di pallacanestro commuovendosi all’Inno di Mameli.
Leggi anche: Sandro Luporini: due talenti in un solo Uomo
Pubblicato: Martedì, 28 Gennaio 2014
Articolo di: Maria Teresa Protto